Il dibattito


Dibattere in Senegal ? un’occupazione molto diffusa. Non costa nulla e occupa tanto tempo. In un paese dove tutto diventa ogni giorno pi? caro e dove c’? un’assoluta abbondanza di tempo libero da impiegare (il tasso di disoccupazione ? semplicemente incalcolabile) discutere, confrontarsi, chiacchierare, scambiare considerazioni, pareri e opinioni ? un ottimo modo di trascorrere la giornata. Cercando di ridurre ad uno schema generale la modalit? del dibattito si possono distinguere alcune fasi. Si comincia con un bel “?a va?”, ci si chiede a vicenda come stanno tutti i parenti conosciuti e sconosciuti fino a quando una persona esprime un’affermazione, il soggetto ? del tutto secondario. A questo punto un’altra persona si sentir? costretto a replicare, magari ? completamente d?accordo con l’affermazione appena ascoltata, ma se non si replica il dibattito sfumerebbe inevitabilmente.

Man mano che gli interlocutori esprimono le loro affermazioni il tono di voce aumenta sensibilmente fino a quando uno inizia a replicare pronunciando con un tono imperativo la parola “Mane!”, un intercalare wolof che potrebbe essere tradotto con “Ascolta!”.

Nel giro di dieci secondi il dibattito si affolla di “Mane!”, le mani, le braccia, la testa, il bacino e le gambe iniziano a muoversi in una sarabanda di gesti, movimenti, oscillazioni sempre pi? sismiche. Il dibattito a questo punto ? entrato nel vivo. Da qui pu? continuare anche per ore, senza interruzioni. In genere nessuno vince, anche perch? in un paese dove tutto diventa ogni giorno pi? caro e dove c’? un’assoluta abbondanza di tempo libero, c’? poco da vincere. Quando si arriva ad un overdose di “Mane! Mane! Mane! Mane!” e il sole comincia ad affogare nella sera il dibattito finisce. Tutti si risalutano contenti e vanno via a caccia di altri interlocutori, ognuno convinto in cuor suo di aver argomentato in modo pi? profondo, sottile e scaltro la propria opinione.

Durante la visita ai progetti della campagna di prevenzione alla malaria nel villaggio di Sangue ho assistito ad un dibattito lampo di almeno 15 minuti dai toni molto accesi in wolof stretto. A guardarli sembrava che i residenti di questo villaggio stessero decidendo le sorti future della Economia Planetaria, o risolvendo una volta per tutte la questione Palestinese e Afghana.

Solo verso la fine abbiamo intuito che discutevano fra di loro sulla sequenza del tour del villaggio, ossia mostrare prima i mulini per la raffinazione del miglio in panne o il pannello solare del dispensario? Per la cronaca, abbiamo visto prima i mulini.

Ma il dibattito pi? surreale, almeno finora, l’ho vissuto a Dakar e precisamente alle 23.20 di un marted? sera, quando con la scusa di impiegare il tempo prima di accompagnare all’aeroporto Sofia, una volontaria di ritorno a Milano, ci siamo recati a cenare in un locale sulla via Cheikh Anta Diop dove gruppi musicali si esibiscono in gradevoli concerti africa style.

Io e Sofia scendiamo dal taxi e mentre ci avviciniamo all’ingresso del locale, uno scooter con a bordo due simpaticissimi bastardi partono a razzo, la gettano a terra scippandole uno zaino con dentro carta di credito, bancomat etc. Sofia si rialza urlando, io inizio a strillare “SACII!” (ladro! in wolof) e immediatamente accorrono almeno una decina di senegalesi che iniziano a…. dibattere.

Un paio ci chiedono cosa hanno rubato, altri iniziano a dire che Dakar ? troppo piena di aggressori, uno con un giubbotto militare chiede ad uno con gli occhiali da sole dove sono andati i ladri, uno mi domanda se per caso ho una macchina in modo da inseguirli.

Nessuno muove un dito, i tre guardiani del locale mi informano che essendo guardiani del locale guardano il locale e non quello che avviene a due metri esatti dal locale. Fortunatamente a Sofia non hanno fregato passaporto e biglietto aereo, e con un ginocchio sbucciato e un bicchiere di whiskey in pancia la scorto in aeroporto dopo un paio d’ore. La storia non finisce qui per?.

Appena si ? sparsa la voce nel quartiere dove abito prende vita un ampio dibattito trasversale che da cinque giorni occupa ininterrottamente tutti i miei vicini di casa. Le questioni centrale sono ” C’? da fidarsi a girare insieme con quel bianco smidollato?” e “Ma il bianco smidollato non poteva correre dietro allo scooter?”. Domani rientro in Italia, ma credo che il dibattito sia solo agli inizi.

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