Presidenziali in Senegal 2019

«Risultati provvisori definitivi». Mancano all’appello i voti della diaspora. Dopo l’annuncio scontri e dure proteste all’università di Dakar. E Idrissa Seck, l’ex sindaco di Thies arrivato secondo, promette battaglia

Poco dopo le 13 di ieri la commissione elettorale nazionale senegalese ha annunciato, prima in francese e poi in wolof, i «risultati provvisori definitivi» (mancano i verbali di qualche seggio estero, Argentina e Italia ad esempio) delle elezioni presidenziali tenutesi domenica 24 febbraio.

CON IL 58,27% (più di 2 milioni di voti) Macky Sall viene riconfermato presidente al primo turno, mentre dei quattro sfidanti solo Idrissa Seck, ex sindaco di Thies alla sua terza candidatura presidenziale, e Ousmane Sonko, unico vero outsider della scena politica del paese, hanno raccolto percentuali consistenti, rispettivamente il 20,5 % e il 15,67%. L’iper religioso Issa Sall e Madické si sono fermati sotto la soglia del 5% (4,07 e 1,48%).

L’ANNUNCIO A RETI UNIFICATE mette una pietra tombale sulla guerra di cifre, sondaggi e previsioni iniziata poche ore dopo la chiusura dei seggi, quando il primo ministro in carica Mohamed Ben Abdallah Dionne, a conteggio ancora in corso, aveva pre-annunciato la vittoria del presidente uscente con una percentuale del 57%. Trenta minuti dopo, in una conferenza congiunta molto animata, Idrissa Seck e Ousmane Sonko, si erano scagliati contro le dichiarazioni «gravi, vergognose e impudenti» del premier dichiarandosi certi che con i dati in loro possesso, un secondo turno elettorale sarebbe stato inevitabile.

NEI GIORNI SUCCESSIVI, radio, tv e giornali hanno sciorinato estenuanti elenchi di numeri e percentuali di singoli seggi elettorali di quartieri, villaggi e regioni disseminati in tutto il Senegal, spostando le previsioni dalla vittoria secca al secondo turno, fino a ieri pomeriggio, quando sono state rese note le percentuali “bulgare” raggiunte da Macky Sall nel nord e nord-Est, nelle regioni di Podor e Matam (in alcune circoscrizioni si arriva al 90%).

Preoccupati dalla tendenza, i quattro oppositori avevano annunciato ieri una manifestazione per venerdì 1 marzo in Piazza dell’Obelisco. Ma l’annuncio del giudice Demba Kandji ha accelerato gli eventi: ieri dure manifestazioni di protesta sono andate in scena all’università Cheick Anta Diop e attorno a tutto il quartiere limitrofo Point E, mentre l’avenue Charles De Gaulle che conduce alla Piazza del’Obelisco è presidiata militarmente. Si sentono sirene e spari di lacrimogeni. Le strade sono attraversate da macchine, car rapid, scooter, tra militanti pro Macky Sall festanti e quelli di Idrissa Seck arrabbiati.

DIFFICILE PREVEDERE cosa succederà ora. Idrissa Seck, l’unico candidato che non ha convalidato i risultati, promette battaglia. In quali termini e chi lo affiancherà è presto per dirlo.

Dal palazzo presidenziale Macky Sall può finalmente festeggiare pubblicamente una vittoria che ha costruito da tempo con furbizia a partire dalla maggioranza assoluta del suo partito Apr nell’Assemblea nazionale, con il referendum costituzionale del 2016, le successive modifiche della legge elettorale (i cui effetti hanno eliminato 22 candidati su 27 ) e una politica diffusa di di grandi opere infrastrutturali.

TRA QUESTE SPICCANO l’aeroporto nuovo di Diass, i 220 km di autostrade, il ponte sul fiume Gambia per facilitare i collegamenti con la Casamance e la T.E.R., il treno espresso regionale (già inaugurato in campagna elettorale ma pronto forse tra sei mesi). Tutte opere, va ricordato, messe in cantiere a fronte di un indebitamento spaventoso dal suo predecessore, Abdoulaye Wade, ma portate a termine, o quasi, così abilmente da Macky Sall da risultarne quasi l’unico artefice.

Così ha convinto i 2 milioni e oltre di senegalesi che gli hanno accordato un secondo mandato di 5 anni. Al contrario della diaspora, che ha votato in massa contro di lui.

Maurizio Polenghi

Pubblicato su Il manifesto 1/3/2019

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